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I miei stupidi intenti - Bernardo Zannoni
«Ma come in quel momento mi sentii più perduto, e debole, e invisibile.» Archy è una faina. Una faina figlia di una madre anaffettiva e priva di amore verso i propri figli e fratello di altre faine che da quella stessa madre sono odiate e ritenute inutili. Perché deboli, perché obblighi, perché nati quasi per rubare ossigeno ed energie. Il padre di questi fratelli è assente e la madre non esita a sbarazzarsi di chi nasce inutile o nel tempo lo diventa. Questa è la stessa sorte di Archy, Archy che tra queste pagine racconta la sua storia ma narra anche di quelle sorti che lo portano ad essere allontanato proprio da quella madre. Una madre che non esita a venderlo alla volpe, Solomon, per qualche provvista e per togliersi il peso di quel figlio ormai zoppo. Perché Archy cade nel tentativo di dare la caccia a un nido, cade proprio da quel nido posto ad alte altezze e da quel momento resta menomato. La sua zoppia lo accompagnerà a vita. Da questo momento ha inizio il suo percorso con Solomon e Gioele, il cane della volpe. Usuraia e furba è la volpe che introduce la faina alla parola di Dio. «Il prima e il dopo non si erano mescolati, uno aveva soffocato l’altro annullando la differenza.» Da questi brevi assunti ha inizio la crescita e lo sviluppo del libro ma anche la sua stessa evoluzione. La storia narrata dalla faina prenderà una sua forma e una sua connotazione, ma procederà passo passo tra perdite, riflessioni, analisi e tematiche forti ivi comprese quelle relative alla religione, alla famiglia. «Il loro sonno, così tranquillo, mi impressionò. Non capivo se quella vita fosse orribile o meno, se essere confinati in un recinto confortasse o avvilisse. Da dove li stavo guardando io, ne avevo pietà, così come gli altri; eppure quei musi suggerivano che loro ne avessero di noi.» È possibile accettare se stessi per come si è? È possibile far della propria esistenza una ragione essenziale del vivere e per vivere? È possibile che l’esistenza non sia soltanto qualcosa di fine a se stesso? Per Zannoni Archy non è altro che un pretesto, un artificio consolidato da sempre, un artificio narrativo per porsi e porre al prossimo domande sull’esistenza. Zannoni fonde instintualità e ragione, fonde il vivere con il sopravvivere, i legami affettivi, l’anaffettività, la responsabilità e la morte. Cosa allontana e/o avvicina l’uomo alla bestia?
«Anche io mi sento così, disse.
Tante le strade che percorrerà Archy nel suo vivere. Strade che lo porteranno a perdere amori, la sua famiglia, che lo porteranno a imparare a leggere e scrivere, a scoprire dell’amicizia, a instaurare determinati rapporti, a cadere e a rialzarsi. Tra presente e passato. Tra altri animali del presente e del passato. Tra maestri di vita e perdite. Legami sfilacciati e cadute. «Questo è il mio ultimo stupido intento: scappare, come tutti dall’inevitabile. Semmai Klaus tornerà che dia il mio corpo alla terra, o al fiume.» Maria Darida - 21 giorni fa |
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Spare - Prince Harry
Che fatica!
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Rancore - Gianrico Carofiglio
Rancore è un libro che ti coinvolge fin da subito. Tratta la storia di un medico, morto apparentemente di morte naturale e per questo motivo la figlia ingaggia una detective privata per capire se qualcuno abbia ucciso suo padre e perché.
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Elisabetta - Vittorio Sabadin
La storia inglese è una delle mie più grandi passioni, tra le tante letture che volevo approfondire sulla casata dei Windsor ho deciso di cominciare da questo libro, Elisabetta: l’ultima regina.
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CSS - Gianluca Troiani
Pratico, molto pratico per chi vuole imparare subito. Consiglio, come ogni manualistica sui linguaggi di programmazione, di scrivere codice oltre che leggerlo. Così facendo assimili di più e più velocemente. Non valido per approfondimenti ma consigliato per chi inizia. Utente 5216 - 2 mesi fa |
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Ecologia dei siti web - Maurizio Boscarol
Eccessivamente pomposo sotto certi aspetti, assolutamente non pratico per UI/UX designers ma completo al livello teorico e riflessivo. Utente 5216 - 2 mesi fa |
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L'investigatore informatico 2. - Riccardo Meggiato
Pietra miliare degli hacker in erba. Ormai obsoleto e con tecniche in disuso, diffonde però concetti e strategie ancora attuali. Lo consiglio, come testo di storia e non più come manuale. Utente 5216 - 2 mesi fa |
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Giochi proibiti - François Boyer
«“Dov’è tuo padre?”.
François Boyer pubblica il suo “Giochi proibiti” nel 1947. Il libro è inizialmente ignorato tanto dai lettori quanto dalla critica. È solo dopo la trasposizione cinematografica di René Clément che torna alla ribalta e inizia ad avere successo. Ma attenzione, non è un libro che risparmia, non è un ennesimo libro sulla guerra per nessun motivo scontato. Al contrario è un romanzo crudele e folgorante che si focalizza e concentra sugli orrori della Seconda guerra mondiale e vi riesce per mezzo degli occhi di due bambini, Michel e Paulette. Due bambini, questi, investiti dalla guerra che osservano, sono travolti e privati di tutto da una guerra che non gli appartiene.
«Saint-Faix ignorava la Storia. E in quel giorno di giugno del 1940 fu chiaro che la Storia contraccambiava Saint-Faix con un identico disprezzo.» È qui che vive una contadina dai modi altrettanto contadini e agri, Michel Dollé di anni dieci. Una volta incontrata Paulette nel bosco se la porta a casa. La guerra spezza, distrugge, nulla risparmia, al contrario i rapporti tra bambini sono rapidi ed immediati, semplici e diretti.
«Chi non ha Dio non ha morale, chi non ha un prete non ha morale, chi non ha un tempio non ha morale, un senza morale è un amorale, un amorale è un immorale, evviva la morale, e mamma Dollé aveva concluso: “Ci fa la morale”.» È possibile delineare un confine tra bene e male, innocenza e corruzione? L’opera di Boyer è un’opera dissacrante, senza confini, senza tempo. È uno scritto che imbarazza, spiazza, inizia alla vita, tocca il lettore con personaggi che non conoscono altro che la guerra, che sembrano aver dimenticato tutto quello che c’è stato prima e che non sembrano poter credere in un dopo.
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R: Le stanze buie - Francesca Diotallevi
Ho letto questo libro spibta dalla recensione di Sara e...sono rimasta piacevolmente sorpresa. Pur non essendo il genere di libri che io amo ( vicenda ambientata alla fine dell'Ottocento incentrata sulla psicologia del maggiordomo e i componenti della famiglia nobile) mi è piaciuto tantissimo. La scrittura è piacevole e la vicenda è non è mai scontata. Sono d'accordo con Sara, è un libro che merita di essere letto Sandra Persichini - 2 mesi fa |
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Fame d'aria
«Che se a ogni uomo e donna di questa terra dicessero quanto è difficile fare figli normali, nessuno ne farebbe più. Basta un niente, una proteina non assimilata, un enzima che non fa il suo lavoro. La normalità è come un biglietto della lotteria. Invece tutti pensano che sia naturale il contrario. Che un figlio è come un elettrodomestico, costruito per funzionare alla perfezione. Soltanto chi ci passa sa quante competenze ci vogliono per attraversare una strada, per prendere una penna in mano.» È una scelta coraggiosa quella di Daniele Mencarelli con “Fame d’aria”. Una scelta coraggiosa perché l’autore vede la storia e decide di trattarla, vede la sceneggiatura teatrale e decide di metterla in scena anche se questo significa addentrarsi nei meandri dello spettro autistico. Ed è proprio questo il tema che regge e conduce per quella che è la sua ultima fatica. Pietro Borzacchi e il figlio Jacopo sono in viaggio. Il loro obiettivo è la Puglia, luogo dove si rincontreranno con Bianca, attualmente nel milanese, la madre del ragazzo, per celebrare una data importante che segna “il dove tutto ha avuto inizio”. Tuttavia qualcosa va storto, la frizione della vecchia golf di Pietro non regge, è venerdì pomeriggio, loro devono essere a destinazione entro lunedì e sono spersi nel nulla tra paesini arroccati e luoghi incantevoli. Il paese più vicino dove vengono a ritrovarsi in attesa che Oliviero, il meccanico, sistemi il guasto è S. Anna del Sannio, un paesello di poche anime che non attende visitatori. Si trovano così ad alloggiare in un bar che un tempo era anche pensione di proprietà di Agata e qui conoscono anche Gaia, giovane e bella che va oltre la facciata. Perché Pietro e Jacopo non sono un padre e un figlio che vivono in quella che siamo abituati a considerare normalità. Jacopo è affetto da una forma di autismo a basso funzionamento che lo porta a vivere in un perenne stato neonatale. Sa pronunciare solo un “mhmm” che cambia di intensità a seconda delle richieste e nonostante i suoi diciotto anni deve essere cambiato, accudito, gestito. La cosa forse più semplice è farlo mangiare perché è un po’ come un orologio; si carica e parte in automatico. Pietro non sa più cosa sia essere. Vive in perenne accudimento del figlio, lo odia. Odia la situazione che stanno vivendo, odia dover fare, è pieno di rabbia ma nulla fa mancare a Jacopo. Vive una totale e completa forma di abnegazione ma comunque resta vigile e attento ai bisogni di quel figlio che è la sua condanna e che è così lontano dalle aspettative. Gaia, in questo senso, riuscirà a riportare alla luce il Pietro non PietroJacopo, il Pietro che vive, che sogna, che ha desideri come tutti. Si creeranno anche degli equivoci ma pian piano le crepe diventeranno crateri e ogni verità verrà alla luce. «Non ricorda, Pietro, quando è stata l’ultima volta che ha parlato con un altro essere umano di sé stesso e non del figlio. Proprio di lui.» Perché per Pietro la vita ha preso una piega inaspettata. La moglie laureata in scienze politiche ha dovuto lasciare il lavoro per prendersi cura del figlio, su Pietro gravano le responsabilità e rappresenta al contempo l’unica fonte di entrata economica. Ma può bastare un solo stipendio a sopperire alle cure necessarie? Cosa succede quando la tua vita non è più tua e inizi a far debiti perché in qualche modo quelle cure proprio non puoi fargliele mancare ma non hai aiuti da nessuno, ancor meno dallo Stato, perché hai un contratto a tempo indeterminato con uno stipendio fisso, fidi su fidi e a differenza di altri figura che hai qualcosa mentre altri che lavorano in nero hanno aiuti su aiuti perché i soldi in casa li fanno entrare dalla porta sul retro? Come difendersi da un mondo che sembra chiuderti la porta in faccia? Come sopravvivere, come ricordarsi che esisti anche quando tu per primo non lo ricordi più? «Dopo aver oltrepassato il boschetto, una radura affacciata sui monti.
Daniele Mencarelli riesce in quello che spesso si vuole negare per comodità. È più facile immaginarsi questi genitori eroi in quel che è una non fortuna ma questi genitori, sono davvero eroi? Egli mostra il volto oscuro, un’altra faccia della medaglia, una medaglia in cui non si è altro che soli a convivere e combattere con un mostro più grande che non perdona e non cambia. Mencarelli ci solletica con una storia d’amore anche se in parvenza trasuda l’odio ma ci ricorda anche che non siamo che semplici esseri umani chiamati a convivere con una battaglia che non sempre più essere vinta. Vi riesce con un lungo racconto dai toni scanzonati, meno poetici ma ben cadenzati e studiati e dove nulla è lasciato al caso. Né come personaggi, né come parole. Parole che hanno tutte e indistintamente un peso, parole che ci fanno riflettere e ci fanno entrare per una porta sul retro che spesso resta chiusa. Anche la scelta di narrare la vicenda dal punto di vista del padre e non della madre non è causale. Non c’è vittimismo tra queste pagine, non c’è autocommiserazione, c’è emozione e sentimento, c’è una realtà che tocca e coinvolge.
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