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R: Nel mare ci sono i coccodrilli - Fabio Geda
«E dalla cornetta è uscito solo un respiro, ma lieve, e umido, e salato. Allora ho capito che stava piangendo anche lei. Ci parlavamo per la prima volta dopo otto anni, otto anni, e quel sala e quei sospiri erano tutto quello che un figlio e una madre possono dirsi dopo tanto tempo. Siamo rimasti così, in silenzio, fino a quando la comunicazione si è interrotta. In quel momento ho saputo che era ancora viva e forse, lì, mi sono reso conto per la prima volta che lo ero anch’io. Non so bene come. Ma lo ero anch’io.» Il viaggio di Enaiatollah Akbari ha inizio in Afghanistan. Suo padre, camionista, muore durante un trasporto di merci e sua madre, minacciata dai talebani, non ha altra alternativa se non quella di nascondere e poi allontanare il figlio. A seguito della perdita del carico, infatti, i malavitosi, iniziano a perseguitare i suoi cari, membri, tra l’altro, degli hazara, l’etnia di minoranza perseguitata dai pashtun. Ecco perché la donna, per proteggerlo, lo porta – e lascia – in Pakistan, a Quetta, dove prima di andarsene si fa promettere dal figlio tre cose: di non rubare, di non usare le armi e di non drogarsi. Lo invita a seguire gli insegnamenti che ha ricevuto e a non arrendersi, gli sussurra che non può far altro, le circostanze le impediscono di restare al suo fianco. Deve imparare a cavarsela da solo, ma senza dimenticare quella che sino ad allora è stata l’istruzione ricevuta. Passano i giorni, i mesi, gli anni. Enajatollah è costretto a muoversi ulteriormente, a spostarsi di stato in stato, ad abbracciare lavori improbabili, denigratori e comunemente reietti da chi sta meglio, ma deve pur in qualche modo sopravvivere. Nasce in lui il proposito di trasferirsi in Europa, ha saputo che questa terra è molto diversa da quella in cui attualmente vive. Vuole andare incontro alla sua possibilità, è forse, la sua ultima chance. E per raggiungerla, questa terra, affronterà la fame, il freddo, ripetuti soprusi, il mare, la morte, la solitudine. Arriverà a Venezia, a Roma ed infine a Torino dove, grazie ad un amico dei tempi dell’Afghanistan, verrà accolto da una famiglia piena d’amore. Ed è qui che potrà coronare un altro suo grande desiderio: studiare. Negli anni di “pellegrinaggio” da un impiego all’altro, quante volte ha visto bambini andare a scuola, quante volte ne ha visti altri giocare in cortile tra una lezione e l’altra, quante volte ha semplicemente sperato di poter un giorno avere la stessa occasione, la stessa opportunità.
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R: L'amica geniale - Elena Ferrante
Pensate di poter fermare il tempo e di riportarlo indietro agli anni '50 nella periferia di Napoli. Questo libro è la storia di due bambine che nascono e crescono in un rione napoletano dopo la seconda guerra mondiale. Le loro vicende di vita costituiscono il filo narrativo della storia, ma la vera bellezza è l'ambientazione.
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R: Il mare dove non si tocca - Fabio Genovesi
E' una storia bella, divertente, commovente, non retorica. Un libro scritto veramente bene che consiglio a chiunque legga questo mio commento. Sara Ciardelli - 1 anno fa |
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R: Le stanze buie - Francesca Diotallevi
Ho letto questo libro spibta dalla recensione di Sara e...sono rimasta piacevolmente sorpresa. Pur non essendo il genere di libri che io amo ( vicenda ambientata alla fine dell'Ottocento incentrata sulla psicologia del maggiordomo e i componenti della famiglia nobile) mi è piaciuto tantissimo. La scrittura è piacevole e la vicenda è non è mai scontata. Sono d'accordo con Sara, è un libro che merita di essere letto Sandra Persichini - 8 mesi fa |
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...che Dio perdona a tutti - Pif
Ogni estate mi concedo una lettura leggera e questo libro è decisamente l'ideale da portarsi in vacanza, al mare o in montagna.
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1984 - George Orwell
Scrittore, opinionista, giornalista, saggista nonché attivista politico britannico Orwell è uno degli autori più diffusi ed apprezzati del XX secolo sicuramente ricordato per il contributo dato al filone della “letteratura distopica” spesso utilizzata nella sua lotta contro il totalitarismo. Pertanto, nonostante sia artefice di saggi e romanzi variegati e di notevole spessore, viene soventemente ricordato per opere quali “1984” e “la fattoria degli animali”.
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7-7-2007 - Antonio Manzini
Roma. Il ritrovamento del corpo in una cava di marmo di Giovanni Ferri, figlio ventenne di un noto giornalista di Nera, brutalmente picchiato e di poi ucciso con un colpo unico e diretto alla base del cranio, e del cadavere di Matteo Livolsi, coetaneo, ex compagno di scuola ed amico intimo del primo, assassinato a distanza di pochi giorni con le medesime modalità, portano il Vicequestore Rocco Schiavone ad indagare su un traffico di stupefacenti gestito da una spietata criminalità organizzata.
«Li ho pagati io, sa? Mio figlio mica lavorava. E poi mi sembrava giusto. Li ho rovinati io, e pago il mio errore. E’ così la vita, no? Bisogna pagare per i propri errori. Ora lei mi spiega quale errore ha fatto Giovanni? Dov’è che ha sbagliato?» Due vicende parallele, quelle descritte, che finiranno però con il coadiuvarsi ed intrecciarsi sino ad arrivare a spiegare molti dei perché che si celano dietro alla figura di uno dei personaggi più amati degli ultimi tempi. Due, ancora, le peculiarità. Non solo
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A ciascuno il suo - Leonardo Sciascia
Una lettera minatoria. Uno scherzo? Una burla di cattivo gusto? Questo il pensiero del signor Manno, farmacista del paese nonché destinatario della missiva incriminata. Trascorrono i giorni ed il suo corpo, insieme a quello del medico Roscio, vengono rinvenuti, alla data del 23 agosto 1964, privi di vita in quella che doveva essere una semplice e mera battuta di caccia.
«Ma sa com’è? Una volta, in un libro di filosofia, a proposito del relativismo, ho letto che il fatto che noi, ad occhio nudo non vediamo le zampe dei vermi del formaggio non è ragione per credere che i vermi non le vedano… Io sono un verme dello stesso formaggio e vedo le zampe degli altri vermi» p. 69 Attraverso l’espediente dell’investigazione, Leonardo Scia Scia, dà vita ad un romanzo incalzante, scorrevole e ben calibrato che trasporta in lettore in un universo di denuncia.
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A sud del confine, a ovest del sole - Murakami Haruki
Hajiime è un figlio unico nato e cresciuto in un’epoca in cui tale condizione era un marchio a fuoco, un’eccezione da guardare con sospetto, con ritrosia. Sin dalla tenera età, infatti, il giovane si è sentito diverso, sapeva di esserlo. Soltanto con lei, Shimamoto, tale diversità veniva meno poiché anch’essa sola, poiché anch’essa priva di quei fratelli e sorelle atti a creare un legame di sangue insondabile. Quando gli anni, la scuola e le circostanze li separano, il protagonista né sente inevitabilmente la mancanza, mancanza questa che accuserà anche nei rapporti successivi. Sarà per lui impossibile non paragonare le emozioni provate con la ragazza con le future compagne. All’età di trentasette anni, ella riappare in modo costante nella sua vita. O almeno così, lui crede.
«Il ricordo di quel contatto è ancora vivo nella mia mente. Era una sensazione mai provata prima, e mai più ritrovata. Era solo una mano piccola e calda di una ragazzina di dodici anni, ma sentivo che in quelle cinque dita e in quel palmo era racchiuso, come in una minuscola vetrinetta, tutto quello che c’era da sapere sulla vita. Prendendomi per mano mi aveva reso partecipe di quei segreti. Mi aveva fatto capire che nel mondo reale esisteva davvero un posto come quello» p. 16 Nello scorrere delle pagine il lettore viene catapultato nel simbolismo crescente della vita e della morte, del passato e del futuro. Si trova di fronte ad una femme fatale fortemente diversa dal personaggio presentato nelle prime pagine, pertanto, la percepisce quale sterile, priva di quel qualcosa che la renda affascinante, che ne giustifichi l’attrazione dell’uomo. Hajiime si riscopre a dover fare una scelta che è più grande di lui: quegli opposti che caratterizzano la sua vita provocano dolore e danno allo stesso la sensazione di essersi perso, disintegrato. Questo carattere è altresì accentuato dalla figura del padre della moglie, personificazione del capitalismo a cui da sempre il trentasettenne è rifuggito per poi risvegliarvisi immerso.
«Non prestai quasi ascolto alle sue parole. Prima di andarsene, mi diede una pacca sulla spalla e mi disse:”Certo che il tempo cambia le persone, in vari modi. Non so che cosa ci sia stato allora tra te e lei, ma, comunque sia andata, tu non hai nessuna colpa. A chi più. A chi meno, è capitato a tutti di avere un’esperienza del genere, perfino a me. Dico sul serio, è successo anche a me. Così vanno le cose a questo mondo! La vita di una persona appartiene a quella persona. Non ci si può sostituire a lei e assumersi la responsabilità della sua esistenza. E’ come essere in un deserto, non c’è altro da fare che abituarsi. Alle elementari hai mai visto il film della Disney, il Deserto che vive?” “Si”, risposi. “Questo mondo è come quel film. Se c’è la pioggia, i fiori sbocciano e se non ce n’è, appassiscono. Gli insetti vengono mangiati dalle lucertole e queste, a loro volta, vengono divorate dagli uccelli, ma, alla fine, tutti muoiono comunque. Tutto muore e inaridisce. Finita una generazione, ne viene un’altra. E’ così che vanno le cose. Tutti vivono e muoiono in tanti modi, ma non è questo che conta. Alla fine ciò che rimane è il deserto. E’ il deserto quelle che vive veramente!» p. 76-77 «Le illusioni di un tempo non mi avrebbero più aiutato, non avrebbero più creato sogni per me. Il vuoto restava tale, quel semplice vuoto che mi aveva accompagnato per anni e al quale avevo cercato di adattarmi. “Questo è il punto cui sono arrivato”, - pensai - , “e devo abituarmici. Adesso tocca a me creare sogni per gli altri, sarà questo il mio nuovo compito”. Non conoscevo il potere di quei sogni, ma, se la mia vita aveva un significato, era quello di perseverare con tutte le mie forze in quell’intento. Forse.» p. 199 Maria Darida - 7 anni fa |
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Accabadora - Michela Murgia
Anni ’50, Soreni, Sardegna. Maria Listru, figlia di Anna Teresa Listru, è una fill’e anima. Quarta e ultima nata, viene adottata da Tzia Bonaria Urrai, nubile benestante e sarta di facciata. Sono i lustri in cui nell’entroterra sardo è diffusa la pratica del “fillus de anima” ovvero di quell’accordo ingenerato tra privati per cui si manifesta l’affidamento volontario e consensuale di un figlio da parte dei genitori a terze persone. La piccola si ritrova così in una nuova casa, con nuove regole perché quelle della madre adottiva sono legge di Dio e come tali vanno rispettate, e con uno spazio tutto per sé. L’anziana, resasi conto delle condizioni economiche e affettive in cui la giovane è vissuta, inizia un vero e proprio lavoro di ricostruzione, un lavoro atto a creare prima di tutto un rapporto di amore, di rispetto e di famiglia.
«Perché Arrafiei era andato sulla neve del Piave con scarpe leggere che non servivano, e tu invece devi essere pronta. Italia o non Italia, tu dalle guerre devi tornare, figlia mia» «Ci sono cose che si sanno e basta, e le prove sono solo conferma» Maria Darida - 6 anni fa |
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